I segreti antichi di un Riso Imperiale
“i grani, un anno dopo il loro raccolto, si sa che sono sani perché il tempo li rende migliori per l’alimentazione” (Chowkhamba Sanskrit Studies, Volume I, Sutra Sthana)
Non è solo l’antico testo sanscrito che scopre l’invecchiamento e che vanta la stagionatura del risone: ancora prima, nella non lontana Cina, poiché l’imperatore non poteva restare senza riso anche in caso di siccità, venivano conservati per lui tre anni di raccolto; semplicemente così si era venuto a scoprire che quello più vecchio era il migliore. Ancora oggi, il riso invecchiato 3 anni è conosciuto come “il riso dell’imperatore”.
Nell’Asia del sud continua a essere considerato un regalo di pregio donare un sacchetto di riso invecchiato due anni.
In Italia nelle zone tipiche di produzione si è sempre saputo che il migliore era il “riso vecchio lavorato fresco” intendendo quello del raccolto precedente da consumare subito dopo la lavorazione.
L’invecchiamento del risone rimane il punto di passaggio chiave della qualità: indispensabile anche se sempre meno adempiuto. Da una parte le tradizioni, anche in Asia, sono ormai considerate un lusso e, dall’altra, le spese di stoccaggio, di refrigerazione, il naturale calo peso del risone e infine l’immobilizzo finanziario si possono ripagare solo per i risi di massima qualità.
Per invecchiare bene, il risone deve essere conservato al fresco nei magazzini di deposito per un tempo più lungo possibile perché al momento della raccolta, conclusa la maturazione agraria delle cariossidi, la pianta ha terminato il suo ciclo vegetativo ma non ha ancora perfezionato le qualità organolettiche del chicco.
I granuli d’amido contenuti nel riso, al termine della sua definitiva formazione, non hanno ancora raggiunto una perfetta stabilità; infatti l’attività respiratoria del risone non cessa una volta staccato dalla pianta ma continua in magazzino per mezzo dell’ossigeno presente nella massa che provoca dei mutamenti all’interno del chicco ancora da raffinare, migliorando le caratteristiche delle proteine e dell’amido, consentendo quindi di raggiungere un superiore grado di uniformità e di assestamento qualitativo.
Questo è il segreto di Acquerello.
Nel tempo, progressivamente, l’invecchiamento regala tre magiche virtù:
➢ le proteine, le vitamine e l’amido di Acquerello, nell’acqua di cottura hanno minore dispersione (e si vede, perché i chicchi non si attaccano sul fondo della pentola);
➢ Acquerello assimilando meglio il liquido di cottura, ottiene un maggior assorbimento dei condimenti e dei sapori (e si sente già al primo assaggio);
➢ Acquerello ha una maggiore consistenza e una minore collosità (è più sgranato) con tutti i vantaggi di un gusto morbido ma deciso.
Il seguito alla prossima puntata…