IL RISO
Alle soglie del terzo millennio il riso rimane l’alimento base per la maggior parte della popolazione mondiale e ne rappresenta il 20% dell’apporto nutritivo totale.
Le origini del riso
Il nome del riso nasce dal sanscrito Vrihi da cui derivò, prima nel greco quindi, in latino, la denominazione Oryza; l’etimo conduce ai moderni nomi: riso, riz, arroz, reis , rice.
Il riso è una graminacea e più precisamente un cereale. Il genere Oryza, che comprende 23 specie delle quali l’unica diffusamente coltivata è l’Oryza Sativa, ha origini monofiletiche che sono fatte risalire alla specie ancestrale Oryza Perennis presente quando i continenti erano ancora tutti uniti; infatti in alcune aree dell’Africa, principalmente presso il fiume Niger, è ancora coltivata in piccola parte la specie Oryza Glaberrima, in Asia esiste la specie Oryza Officinalis o riso flottante e altre specie sono conosciute in Sud America ed in Australia.
Nel suo lento esodo asiatico, il riso trovò l’ideale habitat di domesticazione in Asia nelle zone calde e ricche d’acqua per le piogge monsoniche, dove successivamente si sviluppò la coltivazione in due distinte aree: nel sud – est (alta temperatura e limitate ore di luce tutto l’anno) prese forma la sottospecie indica; nella Cina centrale (minore temperatura ed elevato numero di ore di luce durante l’estate) la sottospecie japonica, che si è evoluta dopo le altre, ed è la più coltivata e produttiva. Mentre la coltivazione della prima si espanse in tutta l’area a sud dell’Himalaia (la catena montuosa fece da efficace barriera allo scambio tra le aree delle due linee selettive), la seconda conquistò i terreni più a nord fino alla Mongolia e al Giappone. Nell’Indonesia è conosciuta una terza sottospecie ormai quasi scomparsa denominata javanica.
L’introduzione del riso in occidente
Nell’Asia dell’est sono state trovate tracce di coltivazione del riso che risalgono a più di 10.000 anni, quando l’uomo non si limitò più a nutrirsi solo di quanto poteva raccogliere e cacciare ma iniziò a fare l’agricoltore.
Alla fine del VI secolo a.C. il re di Persia Dario portò questa coltura dall’India in Mesopotamia; due secoli dopo Alessandro Magno la fece conoscere all’occidente, dove si diffuse solo in epoca medievale ad opera degli arabi, cui si deve l’importazione del cereale, fino ad allora utilizzato soprattutto come medicinale e cosmetico. Le successive colture furono promosse, sempre dagli arabi, durante il medioevo nel bacino del Mediterraneo, prima in Egitto, poi nel sud Italia e in Spagna, la prima area europea dove il riso divenne, attorno al 1200, prodotto familiare.
A partire dal sud (Sicilia, Calabria, Campania, Toscana) si provò in molte parti d’Italia a coltivare il riso, ma solo nel corso del 1400 si sviluppò ampiamente la coltivazione nelle regioni più ricche d’acqua (Piemonte e Lombardia) dove ancora oggi si ottiene il 90% dell’intera produzione nazionale. Furono gli Sforza, signori di Milano, che durante il 1400 incentivarono la coltivazione del riso anche con la bonifica delle aree paludose (già nel 1300 il bolognese Pier de’ Crescenzi chiamava il riso “oro delle paludi”); a tal fine svilupparono l’irrigazione per sommersione e, con la consulenza di Leonardo da Vinci nel 1496, diedero quindi impulso alla costruzione dei grandi canali, da utilizzarsi non solo come navigli per il trasporto ma anche per l’irrigazione. Nel 1800 si completò lo sviluppo della risicoltura con l’arrivo di nuove varietà dalla Cina (merito nel 1839 di un missionario Padre Calleri) e con il pieno utilizzo dell’acqua che nella stagione calda scende dalle alpi in abbondanza. Questo avvenne con la costruzione di numerosi canali, di cui il più grande è il canale Cavour (90 mc.di acqua al secondo di portata) attivato nel 1866; cosa che consentì nel 1875 di raggiungere la massima superficie coltivata a riso in Italia pari a circa 230.000 ettari, analoga a quella odierna.
In America il riso giunse dall’ Europa, ma prese sviluppo dopo il 1685 con varietà africane portate con gli schiavi dalla “Costa del Riso” o “Costa degli Schiavi”, in particolare dal Ghana; contemporaneamente fu individuata nei laghi del Canada una graminacea spontanea del tutto differente dal genere Oryza: la Zizania Palustris o Acquatica, chiamata anche Wild Rice, riso selvatico o degli indiani con grani molto lunghi e caratteristiche aromatiche.
La sottospecie indica ha difficoltà a essere coltivata alle nostre latitudini perché la stagione calda è troppo breve e, cosa più importante, per le eccessive ore di luce (17 al giorno durante la nostra estate) rispetto a quelle (13 al giorno) che ci sono nelle zone tropicali, cosa che, allungando il tempo della fotosintesi, limita enormemente la produzione di queste varietà. Per soddisfare le richieste di mercato, particolarmente quelle del nord Europa abituate a consumare risi indica importati dalle colonie, negli ultimi decenni si riuscì non senza difficoltà a incrociare le varietà di riso japonica con indica, inoltre vennero selezionate delle varietà japonica con caratteristiche biometriche e di cristallinità analoghe a quelle indica, che sarebbe corretto chiamare “tipo indica”; per ragioni commerciali non vi è stato interesse a stabilire norme di legge a tal riguardo.
Foto e testi a cura di Riso Acquerello – www.acquerello.it